“L’Ambasciatore Luca Attanasio, esempio dell’amore e della passione per la professione del diplomatico da affrontare con grande serietà e spirito di servizio con la finalità di costruire ponti e favorire la cooperazione fra Stati e popoli”.
Devo confessare che – purtroppo – non conoscevo personalmente Luca Attanasio, l’Ambasciatore italiano in Congo rimasto ucciso questa mattina in conseguenza dell’attacco armato di cui è stato oggetto il convoglio del World Food Programme nel quale viaggiava, insieme al Carabiniere Vittorio Iacovacci e all’autista del mezzo. Tuttavia, sono rimasto estremamente turbato e addolorato da questa terribile notizia: con oggi, il corpo diplomatico italiano ha perso un esponente di altissimo valore, non solamente professionale ma anche umano.
Il divario generazionale esistente tra me e l’Ambasciatore Attanasio aveva impedito che i nostri percorsi professionali si incrociassero. Eppure, il suo grande senso dello Stato, l’orgoglio di far parte del Ministero degli Esteri e di poter rappresentare l’Italia in un contesto difficile come quello dell’Africa sub-sahariana, dove anche io ho iniziato il mio percorso diplomatico,in Somalia, mi fanno sentire molto vicino ad Attanasio e mi hanno anche fatto tornare a riflettere sulla professione del diplomatico. Un ruolo entusiasmante, affascinante e prestigioso, che permette sicuramente di condurre una vita in giro per il mondo per molti aspetti privilegiata. In pochi, però, pensano allo spirito di abnegazione e sacrificio che questo lavoro richiede, oltre al rischio che comporta operare in Paesi dove ci sono guerre in corso o dove violenza e criminalità sono molto elevate.
Luca Attanasio possedeva tutte queste caratteristiche positive, che dovrebbero essere proprie di ogni diplomatico. Lo dimostra il fatto che aveva bruciato le tappe, assumendo il ruolo di capo missione a soli 39 anni e trasferendosi a Kinshasa, in Repubblica Democratica del Congo (lo Stato più esteso di tutto il continente africano) dopo un periodo trascorso come Primo Segretario in Nigeria. L’amore per l’Africa, unitamente alla volontà di impegnarsi per favorire lo sviluppo di questo continente, erano alcuni dei suoi principali tratti distintivi. Con la moglie Zakia Seddiki (che lascia insieme a tre figli piccoli) aveva infatti fondato a Kinshasa l’associazione Mama Sofia, concentrata ad aiutare bambini e donne in difficoltà. Non è dunque un caso se a ottobre 2020 Attanasio è stato insignito del Premio Nassiriya per la Pace, con la motivazione del suo “impegno volto alla salvaguardia della pace tra i popoli” e “per aver contribuito alla realizzazione di importanti progetti umanitari distinguendosi per l’altruismo, la dedizione e lo spirito di servizio a sostegno delle persone in difficoltà”.
In questa circostanza così triste e dolorosa, spero che l’esempio dell’Ambasciatore Attanasio faccia emergere anche l’amore e la passione per la professione del diplomatico, da affrontare con grande serietà e spirito di servizio con la finalità di costruire ponti e favorire la cooperazione fra Stati e popoli.